COSE CHE HO IMPARATO OGGI – 08

È così. Arrivi a cinquant’anni, ti credi esperto del mondo e de li vizi umani e del valore, e invece. Chissà quanti tizi non ho mai sentito nominare ma, ciascuno nel suo, hanno contribuito al progresso umano ben più di quanto potrò mai fare io portando in giro per il mondo la mia massa grassa.
Von Foerster, per esempio. (– Cioè, NON SAPEVI CHI ERA VON FOERSTER?! Ma co…  – SCOIATTOLO!) Von Foerster, dicevo. Bella questa cosa delle macchine banali e non banali.
Una macchina è banale, dice il Von, se è caratterizzata da una relazione uno-a-uno tra input e output. Se, dato uno stimolo A, produce sempre la risposta B. Se fa sempre la stessa cosa, insomma. Schiaccio il pulsante, e vien fuori l’aria calda. Giro la chiave, e si accende il motore. Metto la panna nella carbonara, scoppia un flame su internet. Posto un gattyno, prendo trenta Like. È un sistema deterministico, e quindi prevedibile.
Ma ci sono anche le macchine non banali: tra input e output la relazione è diversa. Dato lo stimolo A, non sempre rispondono B. Il fatto è che la risposta che viene data è frutto delle risposte date in precedenza. Anche queste macchine sono deterministiche: è una serie di stati interni a causarne il comportamento. Ma dato che io posso vedere solo l’input e l’output, posso ipotizzare gli stati interni solo da quanto osservo dall’esterno. E così le macchine non banali sono imprevedibili. E poco utili nella pratica, ovvio. Sono anni che schiaccio il pulsante e vien fuori aria calda, ma può essere che stamattina io schiacci il pulsante e venga fuori aria fredda, o non venga fuori niente: a quel punto è improbabile che mi limiti a constatare Toh!, ma guarda che caso strano, il mio phon si è trasformato in una macchina non banale. Dirò che si è rotto, e lo aggiusterò o lo sostituirò.
In pratica: se una macchina banale comincia a funzionare in modo non banale, corriamo subito ai ripari per banalizzarla.
Tutto il rapporto uomo-natura è in fondo improntato a un costante tentativo di banalizzazione: la natura di suo non è per niente prevedibile, anzi è piuttosto caotica; ma l’uomo è capace di estrapolarne delle regolarità, ovvero di banalizzarla, traendone vantaggio (non è che occorra conoscere tutti gli stati interni della macchina biologica per inventare l’agricoltura e l’allevamento).
Ma se c’è un campo in cui, dice il Von Foerster, quest’opera di banalizzazione è nociva, quello è il campo dell’istruzione: la scuola è un costrutto mirato a banalizzare quelle macchine non banali che sono i bambini, o in generale i ggiovani. La risposta di un bambino è sempre imprevedibile: la scuola opera perché alla domanda dell’insegnante il bambino fornisca la risposta corretta, ossia quella attesa, prevista e prevedibile. A stimolo A deve corrispondere risposta B, appunto.
I test di valutazione sono la macchina di banalizzazione perfetta: sottopongono domande di cui si conosce già la risposta a persone da cui si attende la risposta corretta. Più alto è il punteggio che ottieni in un test, e più ti sei banalizzato. Ossia, digiamolo, sei sotto controllo.
Ora basta, che devo andare a esercitarmi a fare un po’ di test per la preselezione del concOH WAIT!

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