COSE CHE HO IMPARATO OGGI – 01

(Mi sa che ne faccio una rubrica quotidiana. Che è bello, a mezzo secolo, scoprire che ogni giorno ne impari una nuova. E quindi)

COSE CHE HO IMPARATO OGGI

Vygotskij appartiene a quella serie di genî che, ‘tacci loro, crepano troppo presto (38 anni, ma dai!). La sua teoria della zona dello sviluppo prossimale è una delle cose allo stesso tempo più semplici e rivoluzionarie che la storia della pedagogia abbia mai affermato.

Dicheno che a non far dire le parolacce agli studenti, e a sorvegliare il loro linguaggio, e a invitarli ad usare espressioni formalmente corrette, il loro rendimento migliora. Dovrò cambiare completamente metodo e approccio, cazz… ehm, mannaggia.

Sono troppo grezzo e ignorante per apprezzare alcune cosette. Per dire, le Kantaten di Bach mi paiono tutte uguali e in fondo in fondo madò che rottura di palle.

La vita in fondo è semplice. C’è chi per essere contento gli basta solo che qualcuno metta un like sotto la sua foto di un limone.

Prima di dire che un ragazzo che evidenzia certi problemi ha un Dsa, l’insegnante deve attivare un percorso di recupero sistematico e mirato ai bisogni di quel ragazzo; solo se il percorso fallisce e i problemi continuano a manifestarsi si invita la famiglia a contattare uno specialista. Insomma, pensa te, non si tira a indovinare e non è una questione di “sensibilità”.

C’è gente che non aveva idea di cosa significasse il marcire delle patate in casa. C’è gente che forse ne ha idea o forse non ne ha idea, ma che comunque è stata testimone di esperienze domestiche di decomposizione che neanche i netturbini di Calcutta. E te le racconta, il/la maledetto/a, con dovizia di particolari.

CITAZIONI PER UN ANNO

(Pensieri sparsi, ritagli di kindle, rimasugli di quel che s’è letto quest’anno. Non il meglio di, ma qualcosa che è rimasto. Un sorriso, una cazzata. Un avanzo di Natale. Un pegno di futuro, chissà)

 

 

Rutja si ricordò che un giorno Ägräs aveva affermato che i cristiani consideravano peccato tutto ciò che era piacevole. Evidentemente doveva essere peccato andare al gabinetto, visto il sollievo che se ne traeva. Strano che non se ne parlasse di più nella dottrina cristiana. Forse il peccato veniva nascosto, come si poteva arguire dal fatto che si facessero i propri bisogni da soli. Doppia morale, constatò Rutja.
(A. Paasilinna – Il figlio del dio del tuono)

Mi sovvenne un vetusto paradosso da viaggio nel tempo, e lo tirai fuori: “Sì, ma se uno tornasse indietro e uccidesse suo nonno?” Al mi diede un’occhiata perplessa: “Perché cazzo uno dovrebbe fare una cosa del genere?”
(S. King – 22/11/63)

Enrico Fermi, il fisico italiano che vinse il premio Nobel per la fisica nel 1938, pare abbia detto: “Se riuscissi a ricordare il nome di ogni particella subatomica, sarei un botanico.”
(J. Mitchinson – Il libro dell’ignoranza)

Royal Society for the Prevention of Accidents (RoSPA)
(J. Mitchinson – Il libro dell’ignoranza)

Il filosofo francese Cartesio credeva che ogni essere umano avrebbe potuto vivere quanto i patriarchi biblici – circa mille anni – ed era convinto di essere sul punto di svelare il segreto quando morì nel 1650, a cinquantaquattro anni.
(J. Mitchinson – Il libro dell’ignoranza)

“Non ho paura di morire, – pensò con convinzione. – Quello che mi fa paura è di essere ingannata dalla realtà. Di essere abbandonata dalla realtà”.
(H. Murakami – 1Q84)

Non c’è posto al mondo in cui ci siano più stupide al metro quadro di un’università californiana.
(R. Bolaño – 2666)

Le parve vecchia nel senso comune che le persone danno alla parola, vicina al suo termine come le promesse mantenute.
(M. Murgia – Accabadora)

Si invecchia quasi prima di maturare.
(F. Dostoevskij – L’adolescente)

Chi si ama di più lo si offende più di ogni altro.
(F. Dostoevskij – L’adolescente)

L’uomo non può neppure esistere senza inchinarsi; un simile uomo non sopporterebbe se stesso, né nessun altro uomo ci riuscirebbe. E se rinnegherà Dio, si inchinerà a un idolo, di legno o d’oro, o del pensiero.
(F. Dostoevskij – L’adolescente)

Non c’è niente di peggio che continuare a vivere accanto a un eroe dopo che questi ha già speso il suo eroismo.
(A. Gimenez-Bartlett – Riti di morte)

Mentre ero assorta in quei tristi pensieri, la sigaretta senza filtro che stavo fumando mi si disfece un poco fra le labbra. Una scusa perfetta per sputare.
(A. Baricco – Mr Gwyn)

Se devo dimenticati mi ricorderò di farlo, ma non chiedermi poi di dimenticare che me ne sono ricordato.
(A. Baricco – Mr Gwyn)

Morire è solo un modo particolarmente esatto di invecchiare.
(A. Baricco – Mr Gwyn)

Ci misero un po’ a ricordarsi che, quando muore qualcuno, agli altri spetta di vivere anche per lui – altro non c’è, di adatto.
(A. Baricco – Mr Gwyn)

Forse al vecchietto vennero delle specie di lacrime agli occhi, ma era impossibile dirlo, perché gli occhi dei vecchi piangono sempre un po’.
(J. Steinbeck – Al Dio sconosciuto)

“Tutti furono felici quando venne la pioggia. Non poterono sopportare quella gioia e fecero il male. La gente fa sempre il male quando è troppo felice.”
(J. Steinbeck – Al Dio sconosciuto)

“È amaro esser bambini”, pensò. “Ci sono tante superfici nuove e pulite da graffiare.”
(A. Baricco – City)

LA CUFFIA

La collega lascia ogni giorno guanti, sciarpa e cuffia sui tavoli della sala insegnanti. I guanti poggiati sulla sciarpa, la cuffia poggiata sui guanti, in posizione rovesciata, con l’apertura rivolta verso l’alto. Non so perché, ma è un vezzo che a me piace, e voglio bene anche per questo alla mia collega. Amo l’atmosfera  quasi domestica che quei capi d’abbigliamento femminile e la loro apparenza studiatamente negletta donano a quell’ambiente di per sé freddo e poco familiare.
Ma forse ancor di più amo il collega che, tutti i giorni che il buon Dio manda in terra, quando la collega recupera il tutto al termine della mattinata, non manca mai di farle trovare due o tre centesimi nella cuffia, alla quale oggi aveva posto davanti anche il biglietto UN’OFFERTA PER I POVERI GRAZIE.

LOGICA BELPIETRISTA

Fossi nei carabinieri di Varese risparmierei tempo: senza tirare a mano le soffiate della mala di Gemonio, Azzio e Orino, tanto meno quelle dei puttanoni della zona, mi affiderei al succo della ferrea logica belpietrista e punterei direttamente a casa del Trota, requisendogli i petardi che ha preparato per l’ultimo dell’anno e chiedendogli se ha un alibi per ieri notte.