BRICOLEUR DELL’INTERCETTAZIONE

C’è maretta, in questa quarta. Storie di favoritismi, veri o presunti tali, e di leccaculismo reale o supposto hanno reso i rapporti piuttosto tesi.
A farne le spese, a torto o a ragione non so  – e non m’interessa gran che -, è soprattutto una ragazza, più ingenua o più fessa degli altri, che senza curarsi dell’indice di gradimento tende a coltivare il proprio orticello in modo senz’altro lecito ma piuttosto esclusivo, al prezzo di continui scazzi coi compagni.
E allora, all’ennesimo scazzo, il compagno più scafato e più tecnoevoluto sai che fa?
Col cellulare, durante un cambio d’ora registra alcune affermazioni della ragazza, piuttosto pepate e non proprio ortodosse, riguardo ad alcuni insegnanti. Dopodiché le fa riascoltare all’autrice e la minaccia di renderne edotti gli interessati.
Insomma, intercettazione fai-da-te e relativo ricatto in sedicesimo.
Son qui a fare un’ora di sostituzione e perciò chiedo conto del marasma in cui m’imbatto al mio ingresso nell’aula. Così la ragazza, a dir poco alterata, mi mette a conoscenza della situazione tra le risate e i salaci commenti dei compagni.
Non ho avuto una reazione molto equilibrata. Anzi, diciamo che mi sono incazzato di brutto.
I ragazzi sono tutti maggiorenni o al limite dei diciott’anni. E io mi chiedo (al di là della liceità “penale” di un comportamento del genere) quanto di questa bravata sia frutto di stronzaggine congenita e quanto invece sia figlio del recente, martellante riferimento mediatico alle intercettazioni, del quale questi ragazzi hanno colto – e mi ripetono – quel che ritengono essere il succo della questione (dalle intercettazioni si ricava LA VERITÀ!), senza capire un prospero di tutto il contesto di polemiche e argomenti contro o a favore delle intercettazioni.
Alcuni di loro – compreso il bricoleur dell’intercettazione – sono in qualche modo recidivi nell’arte del render pubblico quel che non lo è: già un paio di volte li ho avvertiti e ripresi io stesso, in relazione ad alcuni eleganti post scritti su Facebook in cui (riferendosi alla preside e ad un compagno di classe, entrambi citati con nome e cognome) si producevano in insulti sanguinosi e in prese in giro feroci, del tutto inconsapevoli delle possibili conseguenze. Che allora si palesarono in una denuncia della preside alla polizia postale.
Non so, ho sempre più l’impressione di essere circondato da un branco di minus habentes, ai quali sia stata messa in mano un’arma senza essersi assicurati della presenza del  buon senso necessario a discriminare il come e il quando usarla, e soprattutto il se.
Per quel che mi riguarda – dico loro -, da qui fino all’ultimo giorno della quinta in questa classe non tollererò che un cellulare venga tenuto in mano durante le mie ore, acceso o non acceso, smart o dummy che sia non m’interessa. Requisizione, consegna in presidenza, convocazione dei genitori e tutto l’ambaradan del caso, mica balle.
‘Nziamai che mi ritrovi sputtanato per una parola non appropriata, un epiteto poco ortodosso, un filmato in cui mi si veda con l’indice nel naso. Vai a contestualizzare, poi, a latte versato.
Deficienti.