VOCI DI CORRIDOIO

Voci di corridoio, senza essere né un capolavoro né un’imperdibile inchiesta, prova a proporsi come un’interessante apertura di porte e di finestre.
Non riuscirà certo a cambiare l’aria, neppure lo pretende: però forse renderà noi insegnanti più capaci di guardare chi sta fuori e di capire cosa si aspetta dal nostro lavoro, e renderà più acuto lo sguardo di chi sta fuori e guarda verso di noi; e non sarà stato comunque poco.
E se invece non riusciremo a fare nemmeno questo, e vabbè, pazienza: sarà stato in ogni caso bello stare per qualche giorno tutti insieme su una pagina virtuale a raccontarci le nostre storie mattutine; e a raccontarle a tutti quelli che avranno voglia di sopportarci e di leggerci.

Perché c’è della bella gente anche sui socialcosi, checché se ne dica.
Perché da che mondo è mondo gli incontri più veri e le amicizie più belle sono quelle che nascono dalla condivisione del lavoro quotidiano (come anche gli scazzi più atomici e le antipatie più ostinate, perché niente come la vita è capace di coinvolgere e far reagire).
Perché ci sono dei pazzi che trovano ancora il tempo per fare cose gratuite e belle.
(Un grazie a PePPe, allo scorfano e a tutti gli altri)

IL VECCHIO DELLA PISCINA

Il vecchio della piscina, quando tu sei lì che ti avvicini a bordo vasca – e c’hai già su la cuffia e stai per infilarti gli occhialini e dai un’ occhiata intorno per identificare la corsia meno affollata -, il vecchio della piscina ti inquadra, ti legge nel pensiero,  smette di nuotare, ti punta e ti apostrofa a voce altissima:
– VORRÀ MICA ENTRAR QUI CHE SIAMO GIÀ IN TRE, EH?

Il vecchio della piscina, quando tu sei lì che ti vai a fare la doccia – e ci siete solo tu e lui, e tu hai appena appeso l’accappatoio e stai per infilare il gettone e selezionare la doccia -, il vecchio della piscina (che per un’abitudine contratta in caserma negli anni ’40 prima di farsi la doccia si insapona dalla testa ai piedi usando i lavabo) nudo come un bego e coperto di schiuma ti inquadra, ti legge nel pensiero, smette di insaponarsi, ti punta e ti apostrofa a voce altissima:
– VORRÀ MICA PRENDERE LA PRIMA DOCCIA A SINISTRA SUBITO DIETRO IL MURETTO, EH? NO, PERCHÉ QUELLA LA PRENDO IO!

Il vecchio della piscina, quando tu sei lì che hai scelto la tua corsia e inizi a nuotare, capita che ti accorgi all’ultimo momento che ce l’hai davanti che nuota e che porca troia non lo avevi riconosciuto, un po’ perché sei miope come una talpa e un po’ perché adesso non è che sei in grado di riconoscere tutti i vecchi di Piacenza dal colore della cuffia. Ma il vecchio della piscina c’ha che lui non è capace di nuotare: è una roba strana, è come se si limitasse a galleggiare facendosi portare dalla corrente, agitando nel frattempo gli arti in modo scoordinato e parossistico, a mo’ di grottesca e simultanea imitazione di tutti e quattro gli stili. Il guaio è che oggi siete in quattro in questa fottuta corsia, e ti capita di dover nuotare con davanti una boa di carne che ti rallenta, ti rompe il ritmo e che risulta insuperabile, un po’ per quel suo muoversi  imprevedibile e laocoontico che prende l’intera larghezza della corsia, un po’ perché il pericolo di schiantare la capoccia contro un nuotatore proveniente in senso inverso è reale. E allora fai le tue vasche, ma con il doppio del tempo e il triplo della fatica.

Il vecchio della piscina, quando tu torni ansimante nello spogliatoio, te lo trovi lì in bagno già nudo come un bego e tutto insaponato, ché è uscito tre minuti prima di te. Tu entri nella doccia, selezioni il getto sotto il suo sguardo indagatore (non sia mai che selezioni la prima doccia a sinistra) e ti godi il calore dell’acqua sul corpo affaticato. Shampoo, bagnoschiuma, ti sciacqui e stai ancora un po’ lì a goderti il getto sulla pelle. A un tratto MA DOVE CAZZO VA MESSO IL GETTONE?!,  ti volti, vedi il vecchio della piscina che armeggia col macchinozzo, capisci che gli ha mangiato il gettone che lui ha infilato in una fessura impropria e al colmo dell’agitazione e dell’incazzatura lo vedi tirare un bel pugno sulla scatola metallica. La centralina elettronica non la prende benissimo, legge il cazzotto come un atto ostile e si vendica nell’unico modo possibile, andando in tilt.

E sospendendo l’erogazione dell’acqua.

E così tu resti sotto la doccia ormai arida, bello sciacquato ma frustrato nel tuo desiderio di goderti ancora qualche minuto di quel tiepido relax. Dai un’occhiata al vecchio della piscina, sempre nudo come un bego e nascosto da un nuvolone di schiuma, che comincia a urlacchiare MA COS’È SUCCESSO? CHE CAZZO È SUCCESSO? Non lo degni di una risposta, indossi il tuo accappatoio e ti vai ad asciugare e rivestire nello spogliatoio.

Il vecchio della piscina ti segue sciabattando e spargendo schiuma dappertutto. MA ADESSO COME CAZZO FACCIO, ti chiede, COME CAZZO FACCIO. Eh, non so, gli rispondi. PUÒ MICA CHIAMARE QUALCUNO? Certo, vecchio, adesso, appena esco. Ma te la prendi comoda. Ti asciughi, ti foni, ti vesti, accompagnato come un mantra dall’urlacchiare del vecchio della piscina, che nudo e insaponato fa la spola tra le docce e lo spogliatoio continuando a ripetere NO PERCHÉ QUI C’È GENTE CHE È BAGNATA E COMINCIA A AVER FREDDO. Ma con ogni evidenza ci siete solo tu e lui, e tu sei asciutto.

Chiudi la borsa, tiri fuori le chiavi della macchina e il vecchio della piscina ti segue per lo spogliatoio ripetendo per l’ultima volta il suo verso: QUI C’È DA CHIAMARE QUALCUNO, QUANDO VA FUORI CHIAMI QUALCUNO CHE QUI C’È QUALCUNO CHE HA FREDDO. Ma certo, vecchio, gli rispondi, tranquillo.

Chiudi la porta dello spogliatoio che ancora lo senti berciare.

Passi davanti la cassa, Buongiorno, Buongiorno, grazie, alla prossima. Vai avanti, ma poi ci ripensi, ti fermi e torni indietro. Scusi. Dica. Il mio abbonamento scade a fine maggio. A giugno si può fare l’abbonamento per la piscina scoperta? No, mi dispiace, non è previsto. Capisco. Va bene, arrivederci. Arrivederci.

STORIE DI PROVINCIA

L’amministrazione assegna alla parrocchia 4 mila metri quadrati di verde in comodato d’uso gratuito fino al 2025; è prevista la realizzazione di un campetto polivalente e di una struttura idonea per feste parrocchiali. I residenti della zona avviano una raccolta firme reclamando l’utilizzo pubblico dell’area e si organizzano in un Comitato “In difesa del verde pubblico”. L’amministrazione sospende la pratica.
I residenti appendono striscioni ai balconi e nell’area verde contesa; i vigili li fanno togliere. Organizzano proteste di fronte alla chiesa in coincidenza con gli orari delle messe; il parroco fa suonare le campane per coprire gli slogan dei manifestanti. Intanto la Circoscrizione si schiera col parroco, il Vescovo e il Sindaco si incontrano per trovare una soluzione pacifica, la popolazione si divide tra quelli che, secondo qualcuno, devono far cagare il cane e altri che “siamo tornati al medioevo”.
La parrocchia rinuncia “pro bono pacis” ma gli animi restano caldi e si annuncia la nascita di un contro-Comitato in difesa del progetto.
Questi i fatti. Per ora.
Guareschi ci avrebbe scritto un bellissimo racconto.

il Piacenza; Piacenza24 e articoli correlati

ORA, MA ANCHE SEMPRE

Alla periferia di Bloemfontein si erge, imponente e cupo, un memoriale per le donne e i bambini morti nei campi di concentramento.

Non si parla di nazisti, ma di inglesi. E gli ospiti dei campi di concentramento non sono ebrei, ma i familiari dei soldati boeri in guerra contro l’impero britannico.

In tale memoriale sono seppelliti, accanto a quelli del presidente del Libero Stato di Orange durante la guerra, i resti della figlia di un sacerdote della Cornovaglia, di nome Emily Hobhouse, una delle prime attiviste, nel ventesimo secolo, contro la guerra.

Nel 1900 la Hobhause venne a conoscenza della situazione delle donne e dei bambini boeri e decise di recarsi in Sudafrica per aiutarle.

Creò un Fondo di assistenza per le donne e i bambini sudafricani, «per nutrire, vestire, ospitare e salvare donne e bambini – Boeri, inglesi e di altre nazionalità – ridotti in miseria in seguito a distruzione di proprietà, sfratto o altri incidenti dovuti (… ) alle operazioni militari». Poco dopo il suo arrivo a Città del Capo, nel dicembre 1900, ottenne (…)  il permesso di visitare i campi di concentramento. (…)  L’assoluta inadeguatezza della sistemazione e delle condizioni igieniche, con il sapone che veniva considerato dalle autorità militari «un articolo di lusso», la scandalizzò profondamente. (…) Visitò altri campi, a Norvalspont, Aliwal Nord, Springfontein, Kimberley, Orange River e Mafeking. In tutti trovò le stesse condizioni. E quando ritornò a Bloemfontein, queste erano peggiorate. Nel tentativo di porre fine alla politica dell’internamento, la Hobhause tornò in Inghilterra, ma il ministero della Guerra si rivelò più o meno indifferente. (…) Il governo accettò di nominare una commissione di donne, guidate da Millicent Fawcett, per verificare le affermazioni della Hobhause, che da tale commissione venne comunque (…) esclusa. Offesa, cercò di raggiungere il Sudafrica, ma non poté neppure arrivare al mare. Le restava ormai una sola arma: l’appello all’opinione pubblica. (…) La commissione Fawcett non era innocua come aveva temuto la Hobhause: stilò un rapporto durissimo e ottenne rapide migliorie nelle forniture mediche dei campi. (…) Anche Chamberlain era rimasto scandalizzato dalle rivelazioni della Hobhause e si affrettò a trasferire la responsabilità dei campi alle autorità civili. Le condizioni migliorarono con notevole rapidità: il tasso di mortalità passò dal 34% dell’ottobre 1901 al 7% nel febbraio 1902 e al 2% nel maggio dello stesso anno. (…) Le rivelazioni della Hobhause sui campi scatenarono nell’opinione pubblica una furibonda reazione di sdegno contro il governo. In Parlamento, i liberali colsero l’opportunità. Avevano trovato l’occasione ideale per rompere la coalizione fra Tory e seguaci di Chamberlain che aveva dominato la politica inglese per quasi due decenni.

Lo sdegno per il modo in cui era stata condotta la guerra anglo-boera e le rivelazioni della Hobhause sulle condizioni dei campi di concentramento spostarono decisamente a sinistra la politica inglese degli anni successivi al 1900, con conseguenze incalcolabili sulla storia inglese e sul futuro dell’Impero britannico.
Il voto alle donne in Inghilterra venne concesso soltanto nel 1923. Fu un successo certamente dovuto al movimento delle suffragette guidate da Millicent Fawcett, ma soprattutto al cataclisma della prima guerra mondiale. Quando la Hobhause si mobilitò, andò dall’altra parte del mondo e riuscì a infiammare l’opinione pubblica inglese, il contesto era quello di una società in cui la voce delle donne era sotto tutti gli aspetti trascurata e emarginata. Se ebbe successo ciò avvenne, credo, innanzitutto perché era una gran brava persona, con un senso altissimo della dignità propria e altrui. E questo viene prima di tutte le condizioni politiche e sociali: queste senza quello non producono alcun frutto, mentre il contrario può accadere.
Allora mi vien da pensare che forse il nostro problema non sta tanto nella difesa di categorie o generi, quanto nella capacità di creare singoli esseri umani capaci di uno sguardo su di sé e sugli altri simile a quello della Hobhause. Uno sguardo capace anche di giudicare, e di dire che certe scelte di vita sono conformi alla dignità propria e altrui, e altre no, che certe scelte fanno crescere e sviluppare la società e le relazioni umane, altre no.

Insomma, forse il nostro problema non è giuridico o genericamente sociale.

Tanto per cambiare è un problema educativo.

(le citazioni sono tratte da N. Ferguson, Impero, Mondadori, MI 2009, pp. 232-234, EAN 9788804589471)

DARSI RAGIONE

Arriva a scuola in ritardo e senza zaino.  Se l’è dimenticato, dice. Libri, quaderni, biro… nulla.
Strabuzzo gli occhi. Lui mi guarda, risentito del mio sbalordimento: Oh, prof, se me lo son dimenticato, me lo son dimenticato.
Non fa una grinza.
Alla fine dell’ora passo nella classe vicina.
Non sono ancora entrato che mi sento chiamare alle spalle: Prof!
Mi volto, è lui.
Mi porge i miei due registri: Tenga, prof. Vede com’è facile dimenticarsi la roba?
Sorride ironico, gira sui tacchi e se ne va.
L’importante è darsi ragione.